Sono moltissimi i condominii con cantieri Superbonus in Italia non ancora ultimati o, peggio ancora, fermi per i problemi finanziari dell’appaltatore/general contractor.
Come noto per poter beneficiare dell’aliquota massima di detraibilità nella misura del 110%, le spese – salvo auspicate proroghe dell’ultima ora – devono essere sostenute entro il termine del 31.12.2023, poichè quelle sostenute nel 2024 beneficeranno dell’aliquota del 70% per scendere al 65% nel 2025.
Gli interventi inoltre devono per forza essere ultimati (entro il 31.12.2025) per non incorrere nel rischio di ripresa da parte dell’Agenzia delle Entrate, dei crediti medio tempore erogati.
Quali possibili soluzioni si prospettano quindi per i committenti/condominii ?
1.La soluzione giudiziale:
Laddove il contratto d’appalto contenga clausole che consentano la risoluzione per inadempimento in caso di mancato rispetto del termine del 31.12.2023, sarà possibile agire giudizialmente per il risarcimento del danno.
Il danno può essere molteplice.
a) vi è il danno da perdita di chance, consistente nella minore aliquota di detraibilità delle spese sostenute che -salvo proroghe dell’ultima ora – dal 01.01.2024, scenderà da 110% a 70%, residuando la differenza non detraibile a carico del committente.
La recente pronuncia del Tribunale di Frosinone, n. 1080 del 02.11.2023, ha quantificato il danno, proprio nei maggiori costi risultanti in capo al condominio generati proprio dalla differenza di aliquota.
b) Analogo criterio valga anche per le connesse spese tecnico-professionali, parimenti detraibili al 70% nel 2024 (ed al 65% nel 2025) e costituenti ulteriore voce di danno.
c) vanno considerati poi eventuali danni materiali all’immobile in caso di lavori non conclusi, rinvenibili nei costi di ripristino. Si pensi ad esempio ad un cantiere “sismabonus” che si sia “arenato” dopo le prime demolizioni: l’immobile si troverebbe in stato peggiore di quello in cui versava prima dell’inizio dei lavori, generando così ora costi di ripristino.
Oltre alla soluzione giudiziale, ossia quella di convenire in giudizio l’appaltatore per eventuale inadempimento contrattuale e conseguente risarcimento del danno subito e subendo, la circolare dell’Agenzia delle Entrare n.13/E del 13.06.2023, fornisce lo spunto per soluzioni meno traumatiche.
2. Le varianti alla CILAS ed il cambio del General Contractor
a) La riduzione degli interventi: laddove i lavori siano in fase avanzata, e venga comunque garantito il requisito minimo del guadagno di almeno due classi di efficienza energetica con la prvisione di almeno un intervento “trainante”, è possibile ridurre i lavori previsti, eliminando quelli non strettamente necessari, mediante una variante alla CILAS, per consentire così di terminare i lavori entro il 31.12.2023. In tal modo è scongiurata la necessità di provvedere al pagamento di quella parte di prezzo (30%) che nel 2024 non sarà più detraibile.
La Circolare 13/E ha infatti chiarito che:
L’articolo 2-bis del d.l. n. 11 del 2023 reca una disposizione di interpretazione autentica secondo la quale la presentazione di un progetto in variante alla CILA, o al diverso titolo abilitativo richiesto in ragione della tipologia di intervento edilizio da eseguire, non rileva ai fini del rispetto dei termini previsti dall’articolo 1, comma 894, della legge di bilancio 2023. Con riguardo agli interventi su parti comuni di proprietà condominiale, non rileva, agli stessi fini, l’eventuale nuova deliberazione assembleare di approvazione della suddetta variante. In altri termini, ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile per gli interventi agevolabili di cui al primo periodo del comma 8-bis dell’articolo 119 occorre fare riferimento alla data di presentazione della originaria CILA di cui al comma 13-ter del medesimo articolo 119, o del diverso titolo abilitativo in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, e, in caso di interventi condominiali, alla data della prima delibera di esecuzione dei lavori....
Al riguardo, si evidenzia, inoltre, che il comma 13-quinquies dell’articolo 119 del Decreto Rilancio prevede che, in caso di varianti in corso d’opera, queste possano essere comunicate alla fine dei lavori e costituiscono integrazione della CILA presentata. Qualora con riferimento agli interventi trainanti siano rispettate le condizioni previste dall’articolo 1, comma 894, lettere da a) a d), della legge di bilancio 2023, il Superbonus spetta con la medesima aliquota anche per le spese sostenute per gli interventi trainati effettuati sulle parti comuni dell’edificio nonché per quelli effettuati sulle singole unità immobiliari.
b) Il cambio del General Contractor: laddove il problema risieda nelle difficoltà finanziarie del General Contractor, non più in grado di sostenere spese per forniture e subappalti, sempre la Circolare 13/E chiarisce che una delibera di incarico a nuovo appaltatore non inficia la possibilità di beneficiare dell’aliquota massima di detraibilità, sempre ove ne sussistano gli altri presupposti.
La Circolare chiarisce infatti che “costituiscono varianti alla CILA, che non rilevano ai fini del rispetto dei termini previsti dall’articolo 1, comma 894, della legge di bilancio 2023, non solo le modifiche o integrazioni del progetto iniziale ma anche la variazione dell’impresa incaricata dei lavori o del committente degli stessi, nonché la previsione della realizzazione di interventi trainanti e trainati rientranti nel Superbonus, non previsti nella CILA presentata ad inizio dei lavori“.
Con il consenso quindi delle tre parti interessate, è possibile sottoscrivere un accordo trilaterale con cui il quale il nuovo appaltatore si sostituisca a quello originario, rivestendo il condominio in tale accordo, la qualità di contraente “ceduto”.
Il nostro studio ha già assistito imprese, condominii e privati nella consulenza contrattualistica in tema di cessione di contratti “Superbonus”.
Contattaci per una consulenza in materia.
Scarica qui il testo della Circolare 13/E dell’Agenzia delle Entrate del 13.06.2023
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29074 del 19.10.2023, ha colto l’occasione per ricordare i principi sanciti dalla Cass. Civ. 7300/2010 in tema di tabelle millesimali e della oossbilità di loro revisione.
La Corte riepiloga che si possono individuare tre tipolgie di tabelle millesimali:
1) le tabelle convenzionali c.d. “pure”, caratterizzate dall’accordo con il quale “i condomini, nell’esercizio della loro autonomia”, dichiarano espressamente “di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto dall’art. 1118 c.c. e art. 68 disp. att. c.c., dando vita alla “diversa convenzione” di cui all’art. 1123 c.c., comma 1, u.p.”: in questo caso, “la dichiarazione di accettazione ha valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell’art. 69 disp. att. c.c.“;
2) le tabelle convenzionali c.d. “dichiarative”, che si differenziano dalle prime perché, “tramite l’approvazione della tabella, anche in forma contrattuale (mediante la sua predisposizione da parte dell’unico originario proprietario e l’accettazione degli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari, ovvero mediante l’accordo unanime di tutti i condomini), i condomini stessi intendono… non già modificare la portata dei loro rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del condominio, bensì determinare quantitativamente siffatta portata (addivenendo, così, alla approvazione delle operazioni di calcolo documentate dalla tabella medesima)”: in detta ipotesi, “la semplice dichiarazione di approvazione non riveste natura negoziale, con la conseguenza che l’errore, il quale, in forza dell’art. 69 disp. att. c.c., giustifica la revisione delle tabelle millesimali, non coincide con l’errore vizio del consenso, di cui agli artt. 1428 c.c. e segg., ma consiste, per l’appunto, nella obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari ed il valore proporzionale ad esse attribuito”;
3) le tabelle c.d. “assembleari”, cioè adottate dall’organo collegiale del condominio con la maggioranza qualificata all’uopo richiesta, le quali risultano “pacificamente soggette al procedimento di revisione di cui al più volte menzionato art. 69”.
Scarica qui il testo integrale
La Cassazione torna sull’obbligatorietà del fondo speciale ex art. 1135 n. 4 c.c.
In tema di delibere di manutenzioni straordinarie o innovazioni, l’art. 1135 n. 4 c.c. prevede l’obbligatorietà della preventiva costituzione del fondo speciale “di importo pari all’ammontare dei lavori; se i lavori devono essere eseguiti in base a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti“.
Ecco quindi che diventa molto importante – contrariamente a quanto avviene nella prassi nella maggioranza dei casi – munirsi preventivamente di copia del contratto d’appalto per comprendere quali pagamenti siano dovuti in base agli eventuali stati di avanzamento dei lavori (S.A.L.).
Solo così potrà essere correttamente costituito – e verbalizzato coerentemente – il fondo speciale previsto dalla norma.
La ratio è chiaramente quella di precostituire il fondo necessario al pagamento dei lavori straordinari: ciò al fine di tutelare i condomini virtuosi in regola con i pagamenti, dal rischio di dover sostenere anche la quota parte di spesa non pagata dai condomini morosi, in forza di quanto previsto dall’art. 63, II comma, disp. att. c.c., che prevede una solidarietà nei debiti condominiali, sia pur sussidiaria.
La Corte di Cassazione con la pronuncia n. 9833 del 05.04.2023, ha così dichiarato nulla (nullità rilevabile d’ufficio, come nel caso di specie, anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo) la delibera con cui l’assemblea aveva approvato lavori straordinari per euro 487.000,00, prevedendo uno scadenziario delle rate che – in causa – il condominio non ha dimostrato essere conforme alle scansioni dei pagamenti previsti dal contratto d’appalto.
Scarica il testo integrale della Cass. Civ. 9388/2023
L’avv. Matteo Carcereri, ha partecipato all’evento in diretta streaming del 16.03.2022, organizzato da DAS Difesa Legale, per parlare di superbonus con gli operatori del settore nel ciclo di eventi “La parola agli esperti”.
L’intera puntata è visibile qui
Secondo il Tribunale di Milano (ordinanza cautelare del 13.08.2021 con cui è stata rigettata la richiesta sospensiova della delibera impugnata) è naturale che gli iterventi di coibentazione sulle faccciate (c.d. Cappotto termico) riverbirino i loro effetti anche sulle parti di proprietà esclusiva dei condomini, come ad esempio la superficie dei balconi o dei giardini privati, senza che ciò possa ritenersi quale lesione della proprietà esclusiva.
Ciò anche in funzione del necessario contemperamento di interessi già invocato dalla Suprema Corte (Cass.7938/2017) che deve ispirarsi al principio della solidarietà condominiale.
In buona sostanza l’interesse comune alla coibentazione dell’edificio nonchè l’interesse pubblico della tutela dell’ambiente mediante il contenimento del consumi energetici, prevale sull’interesse egoistico del condomino a non vedere compromessi dall’occupazione da parte del cappotto di pochi centimetri di superficie del balcone.
Su una questione analoga si era invece pronunciato in senso contrario il Tribunale di Roma con la sentenza n. 17997 del 16 dicembre 2020 con cui era stata dichiarata nulla la delibera di installazione di cappotto termico che andasse a restringere la priprietà esclusiva.
Sono state pubblicate sul sito del Garante per la Protezione dei Dati Personali, le nuove FAQ (Frequently Asked Questions) in tema di videosroveglianza aggiornate dopo l’entrata in vigore del GDPR Regolamento EU 2016/679.
Ne pubblichiamo di seguito il testo completo tratto dal sito del GPDD https://www.garanteprivacy.it/faq/videosorveglianza
Videosorveglianza
Domande più frequenti (FAQ)
1) Quali sono le regole da rispettare per installare sistemi di videosorveglianza?
L’installazione di sistemi di rilevazione delle immagini deve avvenire nel rispetto, oltre che della disciplina in materia di protezione dei dati personali, anche delle altre disposizioni dell’ordinamento applicabili: ad esempio, le vigenti norme dell’ordinamento civile e penale in materia di interferenze illecite nella vita privata, o in materia di controllo a distanza dei lavoratori. Va sottolineato, in particolare, che l’attività di videosorveglianza va effettuata nel rispetto del cosiddetto principio di minimizzazione dei dati riguardo alla scelta delle modalità di ripresa e dislocazione e alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite.
E’ bene ricordare inoltre che il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) ha adottato le “Linee guida 3/2019 sul trattamento dei dati personali attraverso dispositivi video” allo scopo di fornire indicazioni sull’applicazione del Regolamento in relazione al trattamento di dati personali attraverso dispositivi video, inclusa la videosorveglianza.
2) Occorre avere una autorizzazione da parte del Garante per installare le telecamere?
No. Non è prevista alcuna autorizzazione da parte del Garante per installare tali sistemi.
In base al principio di responsabilizzazione (art. 5, par. 2, del Regolamento), spetta al titolare del trattamento (un’azienda, una pubblica amministrazione, un professionista, un condominio…) valutare la liceità e la proporzionalità del trattamento, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Il titolare del trattamento deve, altresì, valutare se sussistano i presupposti per effettuare una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati prima di iniziare il trattamento (cfr. FAQ n. 7).
3) Le persone che transitano nelle aree videosorvegliate devono essere informate della presenza delle telecamere?
Sì. Gli interessati devono sempre essere informati (ex art. 13 del Regolamento) che stanno per accedere in una zona videosorvegliata, anche in occasione di eventi e spettacoli pubblici (ad esempio, concerti, manifestazioni sportive) e a prescindere dal fatto che chi tratta i dati sia un soggetto pubblico o un soggetto privato.
4) In che modo si fornisce l’informativa agli interessati?
L’informativa può essere fornita utilizzando un modello semplificato (anche un semplice cartello, come quello realizzato dall’EDPB e disponibile qui), che deve contenere, tra le altre informazioni, le indicazioni sul titolare del trattamento e sulla finalità perseguita. Il modello può essere adattato a varie circostanze (presenza di più telecamere, vastità dell’area oggetto di rilevamento o modalità delle riprese). L’informativa va collocata prima di entrare nella zona sorvegliata. Non è necessario rivelare la precisa ubicazione della telecamera, purché non vi siano dubbi su quali zone sono soggette a sorveglianza e sia chiarito in modo inequivocabile il contesto della sorveglianza. L’interessato deve poter capire quale zona sia coperta da una telecamera in modo da evitare la sorveglianza o adeguare il proprio comportamento, ove necessario. L’informativa deve rinviare a un testo completo contenente tutti gli elementi di cui all´art. 13 del Regolamento, indicando come e dove trovarlo (ad es. sul sito Internet del titolare del trattamento o affisso in bacheche o locali dello stesso).
5) Quali sono i tempi dell’eventuale conservazione delle immagini registrate?
Le immagini registrate non possono essere conservate più a lungo di quanto necessario per le finalità per le quali sono acquisite (art. 5, paragrafo 1, lett. c) ed e), del Regolamento). In base al principio di responsabilizzazione (art. 5, paragrafo 2, del Regolamento), spetta al titolare del trattamento individuare i tempi di conservazione delle immagini, tenuto conto del contesto e delle finalità del trattamento, nonché del rischio per i diritti e le libertà delle persone fisiche. Ciò salvo che specifiche norme di legge non prevedano espressamente determinati tempi di conservazione dei dati (si veda, ad esempio, l’art. 6, co. 8, del D.L. 23/02/2009, n. 11, ai sensi del quale, nell’ambito dell’utilizzo da parte dei Comuni di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico per la tutela della sicurezza urbana, “la conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l’uso di sistemi di videosorveglianza è limitata ai sette giorni successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione”).
In via generale, gli scopi legittimi della videosorveglianza sono spesso la sicurezza e la protezione del patrimonio. Solitamente è possibile individuare eventuali danni entro uno o due giorni. Tenendo conto dei principi di minimizzazione dei dati e limitazione della conservazione, i dati personali dovrebbero essere – nella maggior parte dei casi (ad esempio se la videosorveglianza serve a rilevare atti vandalici) – cancellati dopo pochi giorni, preferibilmente tramite meccanismi automatici. Quanto più prolungato è il periodo di conservazione previsto (soprattutto se superiore a 72 ore), tanto più argomentata deve essere l’analisi riferita alla legittimità dello scopo e alla necessità della conservazione.
Ad esempio, normalmente il titolare di un piccolo esercizio commerciale si accorgerebbe di eventuali atti vandalici il giorno stesso in cui si verificassero. Un periodo di conservazione di 24 ore è quindi sufficiente. La chiusura nei fine settimana o in periodi festivi più lunghi potrebbe tuttavia giustificare un periodo di conservazione più prolungato.
6) È possibile prolungare i tempi di conservazione delle immagini?
In alcuni casi può essere necessario prolungare i tempi di conservazione delle immagini inizialmente fissati dal titolare o previsti dalla legge: ad esempio, nel caso in cui tale prolungamento si renda necessario a dare seguito ad una specifica richiesta dell’autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria in relazione ad un’attività investigativa in corso.
7) Quali sistemi di videosorveglianza necessitano di valutazione d’impatto preventiva?
La valutazione d’impatto preventiva è prevista se il trattamento, quando preveda in particolare l’uso di nuove tecnologie, considerati la natura, l’oggetto, il contesto e le finalità del trattamento, può presentare un rischio elevato per le persone fisiche (artt. 35 e 36 del Regolamento) (per approfondimenti si vedano le “Linee-guida concernenti la valutazione di impatto sulla protezione dei dati nonché i criteri per stabilire se un trattamento “possa presentare un rischio elevato” ai sensi del regolamento 2016/679” – WP248rev.01 del 4 ottobre 2017). Può essere il caso, ad esempio, dei sistemi integrati – sia pubblici che privati – che collegano telecamere tra soggetti diversi nonché dei sistemi intelligenti, capaci di analizzare le immagini ed elaborarle, ad esempio al fine di rilevare automaticamente comportamenti o eventi anomali, segnalarli, ed eventualmente registrarli. La valutazione d’impatto sulla protezione dei dati è sempre richiesta, in particolare, in caso di sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico (art. 35, par. 3, lett. c) del Regolamento) e negli altri casi indicati dal Garante (cfr. “Elenco delle tipologie di trattamenti soggetti al requisito di una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati ai sensi dell’art. 35, comma 4, del Regolamento (UE) n. 2016/679” dell’11 ottobre 2018).
8) Si possono installare telecamere all’interno degli istituti scolastici?
Si rinvia al riguardo alle FAQ sulla scuola disponibili al link https://www.garanteprivacy.it/home/faq/scuola-e-privacy.
9) Il datore di lavoro pubblico o privato può installare un sistema di videosorveglianza nelle sedi di lavoro?
Sì, esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, nel rispetto delle altre garanzie previste dalla normativa di settore in materia di installazione di impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo (art. 4 della l. 300/1970).
10) L’installazione di sistemi di videosorveglianza può essere effettuata da persone fisiche per fini esclusivamente personali, atti a monitorare la proprietà privata?
Sì. Nel caso di videosorveglianza privata, al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), l’angolo visuale delle riprese deve essere comunque limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, escludendo ogni forma di ripresa, anche senza registrazione di immagini, relativa ad aree comuni (cortili, pianerottoli, scale, parti comuni delle autorimesse) ovvero a zone di pertinenza di soggetti terzi. È vietato altresì riprendere aree pubbliche o di pubblico passaggio.”
11) Quali sono le regole per installare un sistema di videosorveglianza condominiale?
È necessario in primo luogo che l’istallazione avvenga previa assemblea condominiale, con il consenso della maggioranza dei millesimi dei presenti (art. 1136 c.c.). È indispensabile inoltre che le telecamere siano segnalate con appositi cartelli e che le registrazioni vengano conservate per un periodo limitato. Valgono al riguardo le osservazioni di cui alla FAQ n. 5. In ambito condominiale è comunque congruo ipotizzare un termine di conservazione delle immagini che non oltrepassi i 7 giorni.
12) Si possono utilizzare telecamere di sorveglianza casalinghe c.d. smart cam?
Sì. Il trattamento dei dati personali mediante l’uso di telecamere installate nella propria abitazione per finalità esclusivamente personali di controllo e sicurezza, rientra tra quelli esclusi dall’ambito di applicazione del Regolamento. In questi casi, i dipendenti o collaboratori eventualmente presenti (babysitter, colf, ecc.) devono essere comunque informati dal datore di lavoro. Sarà comunque necessario evitare il monitoraggio di ambienti che ledano la dignità della persona (come bagni), proteggere adeguatamente i dati acquisiti (o acquisibili) tramite le smart cam con idonee misure di sicurezza, in particolare quando le telecamere sono connesse a Internet, e non diffondere i dati raccolti.
13) I Comuni possono utilizzare telecamere per controllare discariche di sostanze pericolose ed “eco piazzole” per monitorare le modalità del loro uso, la tipologia dei rifiuti scaricati e l’orario di deposito?
Sì, ma solo se non risulta possibile, o si riveli non efficace, il ricorso a strumenti e sistemi di controllo alternativi e comunque nel rispetto del principio di minimizzazione dei dati. In tal caso, l’informativa agli interessati può essere fornita mediante affissione di cartelli informativi nei punti e nelle aree in cui si svolge la videosorveglianza, che contengano anche indicazioni su come e dove reperire un testo completo contenente tutti gli elementi di cui all´art. 13 del Regolamento (cfr. precedente FAQ n. 4). Non è invece previsto o consentito che tale monitoraggio sia posto in essere da soggetti privati.
14) Si può utilizzare un sistema di videosorveglianza per trattare categorie particolari di dati?
Se le riprese video sono trattate per ricavare categorie particolari di dati, il trattamento è consentito soltanto se risulta applicabile una delle eccezioni di cui all’art. 9 del Regolamento (ad esempio, un ospedale che installa una videocamera per monitorare le condizioni di salute di un paziente effettua un trattamento di categorie particolari di dati personali).
In via generale, ogniqualvolta si installa un sistema di videosorveglianza si dovrebbe prestare particolare attenzione al principio di minimizzazione dei dati. Pertanto, il titolare del trattamento deve in ogni caso sempre cercare di ridurre al minimo il rischio di acquisire filmati che rivelino altri dati a carattere sensibile, indipendentemente dalla finalità.
Il trattamento di categorie particolari di dati richiede una vigilanza rafforzata e continua su taluni obblighi, ad esempio un elevato livello di sicurezza e una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati, ove necessario (cfr. FAQ n. 7).
15) I sistemi elettronici di rilevamento delle infrazioni inerenti violazioni del codice della strada vanno segnalate da cartello/informativa?
Sì. I cartelli che segnalano tali sistemi sono obbligatori, anche in base alla disciplina di settore. L’utilizzo di tali sistemi è lecito se sono raccolti solo dati pertinenti e non eccedenti per il perseguimento delle finalità istituzionali del titolare, delimitando a tal fine la dislocazione e l’angolo visuale delle riprese. La ripresa del veicolo non deve comprendere (o deve mascherare), per quanto possibile, la parte del video o della fotografia riguardante soggetti non coinvolti nell’accertamento amministrativo (es. eventuali pedoni o altri utenti della strada). Le fotografie o i video che attestano l’infrazione non devono essere inviati al domicilio dell’intestatario del veicolo, ma l’interessato, ossia la persona eventualmente ritratta nelle immagini, può richiederne copia oppure esercitare il diritto di accesso ai propri dati (fermo restando che dovranno essere opportunamente oscurati o resi comunque non riconoscibili i passeggeri presenti a bordo del veicolo).
16) Ci sono casi di videosorveglianza in cui non si applica la normativa in materia di protezione dati?
Sì. La normativa in materia di protezione dati non si applica al trattamento di dati che non consentono di identificare le persone, direttamente o indirettamente, come nel caso delle riprese ad alta quota (effettuate, ad esempio, mediante l’uso di droni). Non si applica, inoltre, nel caso di fotocamere false o spente perché non c’è nessun trattamento di dati personali (fermo restando che, nel contesto lavorativo, trovano comunque applicazione le garanzie previste dall’art. 4 della l. 300/1970) o nei casi di videocamere integrate in un’automobile per fornire assistenza al parcheggio (se la videocamera è costruita o regolata in modo tale da non raccogliere alcuna informazione relativa a una persona fisica, ad esempio targhe o informazioni che potrebbero identificare i passanti). Articolo Precedente
Commento a Cass. Civ. 7874/2021 di Avv. Matteo Carcereri
Importante novità dalla Suprema Corte con la pronuncia n. 7874/2021 che non mancherà di destare perplessità.
Quello che lega l’ammnustratore ai condomini è un rapporto di mandato a titolo oneroso, soggetto quindi non tanto alla disciplina dell’art. 2237 c.c. in tema di recesso del cliente dal contratto d’opera di prestazione intellettuale, quanto alla previsione dell’art. 1725 c.c. che statuisce espressamente che “La revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato( o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell’affare, salvo che ricorra una giusta causa“.
Ne consegue che se è pur vero che l’assemblea può revocare l’amministratore in ogni tempo (art. 1129, X comma, c.c.), è altrettanto vero che il mandato dell’amministratore dura un anno (“e si intende rinnovato per egual periodo”).
La revoca anticipata senza giusta causa comporta quindi non solo il diritto dell’amministratore a percepire il compenso anche per il periodo residuo di durata del mandato, ma anche il diritto all’ulteriore risarcimento del danno che comuqnue va provato.
La Corte precisa che la giusta causa può coincidere indicativamente con quelle previste per la revoca giudiziale.
Scarica qui il testo integrale della sentenza Cass. Civ. 7874/2021
Il Decreto Rilancio ha introdotto una inedita opportunità di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare usufruendo della possibilità di detrarre i costi in cinque anni nella misura del 110%.
In alternativa alla detrazione diretta, l’art. 121 consente al committente la possibilità di pagamento del prezzo d’appalto mediante le opzioni della cessione del credito fiscale o dello sconto in fattura.
A fronte di una così rilevante opportunità, il legislatore ha previsto una serie di requisiti per l’accesso all’agevolazione, introducendo inoltre gli adempimenti dell’asseverazione tecnica (relativa agli interventi di efficienza energetica e di riduzione del rischio sismico, atta a certififcare il rispetto dei requisiti tecnici necessari ai fini delle agevolazioni fiscali e la congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati) e della trasmissione telematica del visto di conformità dei dati relativi alla documentazione, rilasciato dagli intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni (dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali e consulenti del lavoro) e dai CAF.
Numerosi sono gli adempimenti da curare rispetto ad un contratto d’appalto tradizionale, per cui risulta di vitale importanza assicurare contrattualmente il rispetto dei requisiti, dei termini di esecuzione delle opere, l’imputazione di responsabilità in caso di mancato accesso all’agevolazione.
Il nostro studio ha già prestato consulenza contrattualistica in tema di superbonus a condominii, privati, general contractor, imprese e professionisti ed organizzato webinar per la principale associazione di categoria in abito di gestione immobiliare.
Leggi qui i nostri articoli in materia di superbonus e contattaci gratuitamente per avere maggiori informazioni e previsione di costo per la consulenza.
Oggi il nostro Studio, con la regia degli avvocati Maurizio Voi e Matteo Carcereri, ha predisposto la prima guida pratica sul Superbonus per gli amministratori immobiliari, che sarà disponibile a breve.
In sede di analisi della complessa normativa, è emerso tra gli altri un dubbio interpretativo circa la detraibilità delle spese relative al compenso dell’amministratore immobiliare riferite alla gestione dell’operazione.
Lo Studio ha quindi inviato all’Agenzia delle Entrate uno specifico interpello che si allega unitamente ad un abstract della Guida Operativa.
Sono moltissimi gli italiani che avevano già prenotato servizi turistici prima dell’avvento del coronavirus, spesso versando acconti e caparre.
I noti provvedimenti susseguitisi a partire dal 23 febbraio hanno via via reso impossibile il godimento del servizio prenotato nel breve periodo e quantomeno incerto quello prenotato nel medio periodo.
Si tratta di un giro d’affari sfumato per decine di miliardi di euro, in un Paese come il nostro dove il comparto turistico genera il 5,5 % del PIL nazionale (13% se si considera il PIL generato in via indiretta). Maggiori informazioni
Gli avvocati Maurizio Voi e Matteo Carcereri sono stati gli ideatori e relatori del primo web meeting organizzato per l’ANACI di Verona in tema di redazione dei bilanci consuntivi e preventivi in funzione del recupero coattivo dei crediti condominiali senza preventiva delibera dell’assemblea e svolgimento della stessa in video conferenza durante e successivamente all’ emergenza coronavirus.
L’evento, che è stato rilanciato a livello nazionale, Maggiori informazioni
Gli Avvocati Maurizio Voi e Matteo Carcereri di Voi Carcereri Associati Studio Legale, saranno relatori all’importante convegno “Il condominio ad emissioni zero. Obbligo per il clima e opportunità economica”.
Il convegno, che si terrà il 22 Novembre 2019 presso il Winter Garden dell’Hotel Crowne Plaza di Verona, è stato organizzato da ANACI Verona in collaborazione con il nostro studio ed Aequilibria Srl.
Modererà l’incontro la giornalista Elena Guerra.
Di seguito il programma del convegno che è stato accreditato da ANACI Nazionale per il soddisfacimento dell’obbligo formativo.
PROGRAMMA
h. 9.00 registrazioni partecipanti
h. 9.15 saluti
michele ischia – presidente provinciale anaci verona
andrea garbo – vice presidente regionale anaci veneto
h. 9.30
dott. daniele pernigotti – aequilibria srl
il condominio nel cambiamento climatico: cosa cambia?
h. 10.30
avv. maurizio voi – voi carcereri associati studio legale
il condominio e le norme per la ricarica dei veicoli elettrici
h. 11.30
avv. matteo carcereri – voi carcereri associati studio legale
infrastrutture per le energie rinnovabili: opportunità economiche per il condominio
MODERA L’INCONTRO
ELENA GUERRA – IL NAZIONALE
Con la sentenza in commento, a definizione di una causa patrocinata dal nostro Studio, la Corte Lagunare ha confermato la validità di una delibera condominiale con cui veniva autorizzato un gruppo di condomini ad installare a propria cura e spese un elevatore nel giro scale condominiale, pur in assenza del quorum di metà del valore dell’edificio previsto dall’art. 1120, II comma c.c. e dall’art. 2 L. 13/1989. Maggiori informazioni
Trib. Verona Sentenza n. 375/2019 dott. Lanni
In una causa patrocinata dal nostro Studio, il condominio ed alcuni condomini, dopo aver promosso procedura di ATP che accertava la presenza di infiltrazioni nei piani interrati adibiti a box, conveniva in giudizio la società costruttrice venditrice, sia ai sensi dell’art. 1669 c.c. (garanzia extracontrattuale per gravi difetti dell’opera), sia in forza di un duplice impegno all’eliminazione di tali difetti assunto in sede di assemblea condominiale e poi ribadito a mezzo PEC da parte della società costruttrice e venditrice delle unità site in condominio. Maggiori informazioni
La Corte di Cassazione, in metito all’applaicabolità dell’art. 1669 c.c. (gravi difetti) ha ribadito, nel solco della pronuncia delle SS.UU. 7756/2017, che gli stessi possono essere costituiti ancheda quelli relativi a parti secondarie e accessorie, purché idonei a compromettere la piena utilizzazione e funzionalità dell’opera stessa.
La Cassazione ha infatti affermato che anche le cavillature e fessurazioni in facciata, se estese e diffuse, costiuiscono grave difetto ai sensi dell’art. 1669 c.c. con conseguente garanzia decennale e termine per la denuncia di un anno oltre ad ulteriore anno dalla data di denuncia per l’esercizio dell’azione.
Con tale pronuncia la Cassazione ha rovesciato il precedente orientamento di legittimità che riteneva che detti vizi/difetti afferissero alla sola sfera della lesione del decoro e non incidessero sulla funzionalità dell’immobile, con conseguente applicabilità della sola garanzia biennale prevista dall’art. 1667 c.c. con coseguenti più brevi termini di denuncia, azione e diversa legittimazione attiva.
Le SS.UU. della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 8230/2019 del 22.03.2019, risolvono il contrasto creatosi in seno alle sezioni semplici circa la sanzione della nullità prevista per gli atti di compravendita di immobili in tutto o in parte abusivi. Maggiori informazioni
L’innovativa sentenza Cass. civ. Sez. III, 23-09-2016, n. 18748 è intervenuta sul tema della debenza dell’indennità di avviamento ex art. 34 L. 392/78 dovuta al conduttore alla cessazione (incolpevole) del contratto di locazione ad uso diverso per scadenza naturale dello stesso, laddove l’immobile sia situato all’interno di un centro commerciale. Maggiori informazioni
Il Garante Privacy con la newsletter del 30.10.2017 ha precisato che “Il condomino può dare notizia all’amministratore di condominio dell’avvenuto trasferimento di un diritto, come nel caso della compravendita di un’unità immobiliare, oltre che tramite la trasmissione della copia autentica dell’atto di cessione, anche mediante la c.d. dichiarazione di avvenuta stipula rilasciata dal notaio rogante, purché essa risulti provvista di tutte le indicazioni utili all’amministratore ai fini della tenuta del registro dell’anagrafe condominiale. Maggiori informazioni
La Corte di Cassazione con la pronuncia n. 20137/2017 torna sul tema delle anticipazioni sostenute personalmente dall’amministratore in favore della compagine condomoniale.
Non di rado accade infatti che, per sopperire a carenze di liquidità sul conto corrente condominiale, l’amministratore anticipi con sostanze proprie, le somme necessarie al fine di garantire la corretta erogazione dei servizi nell’interesse comune condominiale. Maggiori informazioni
La Cass. Civ. 7395/2017 ha chiarito che ai fini della corretta individuazione del biennio di solidarietà nel pagamento delle spese condominiali tra acquirente e venditore di immobile in condominio occorre far riferimento al periodo di esercizio che non necessariamente coincide con l’anno solare, nonostante la lettera dell’art. 63, IV comma, disp. att. c.c., faccia riferimento “all’anno in corso ed a quello precedente”. Maggiori informazioni